Bessie Nager e il paradosso dei viaggiatori immobili
“Voglio pregarvi di seguirmi in Viaggio”, sembra esclamare Bessie Nager con le sue opere, ambigue, in mostra nella galleria Bob Gysin a Zurigo. Le parole di Cassandra si rispecchiano in queste installazioni che alludano ad altro rispetto a ciò che ci mostrano. Bessie Nager, nata a Lucerna nel 1962, nel 2009 il destino la strappa dalla sua attività frenetica in un incidente frontale in Svizzera.
L’artista riesce a far vibrare gli oggetti ordinari e, così facendo, li regala una nuova identità. Il corrimano del tram diventa un elemento significante che ci parla dell’equilibrio e della stabilità delle cose e del viaggiare e vagabondare. Le sculture di Nager, ci rivelano l’altro lato della medaglia e ci invitano in un paese sconosciuto, nel quale gli oggetti aprono un dialogo del tutto inaudito con noi spettatori.
Il movimento è premessa del viaggiare, ma cosa succede, se i veicoli rimangono immobili, perché sono privi di ruote? Il viaggio allora diventa mentale? Nella serie «Les voyageurs immobiles», l’artista ci propone un’installazione di scatole gigantesche di legno, giallo e arancione.
La loro disposizione s’ispira ad un quadro suprematista di Kasimir Malevich, «Otto rettangoli». Queste sculture hanno un lato astratto e minimale – , ma dall’altra parte sono abbinate con oggetti funzionali, messi fuori contesto e uso, come un tempo i Ready-Made. In questo caso accessori di viaggio, corrimano del tram oppure una bicicletta rinchiusa. L’artista ci presenta un sistema spaziale che si rifà all’arte minimale e, al contempo, lo porta a derisione, confrontandolo con elementi industriali che alludono alla concretezza del vivere. I corrimano diventano disegno spaziale e testimoni muti dell’atto del viaggiare in sé. Il titolo stesso «I viaggiatori immobili», esprime un paradosso: i viaggiatori, se immobili, per definizione, non sarebbero più viaggiatori.
Nella scultura “Hrönir”, che s’ispira a Jorge Luis Borges e che significa “sostituto” o “modello”, Bessie Nager ricostruisce un tram zurighese in legno e lo piazza nel museo: anche questa volta senza ruote. Un «Ghost Train»: l’interno dello spazio è illuminato con una luce neon bianchissima e le finestre sono cieche. All’esterno il tram è grigio e le finestre fungono da cornici per fotomontaggi «all over» presi da internet. Si crea così un mondo senza orientamento definito e privo di illusione spaziale, pre-gallileiano o forse post-euclideo? Il flusso delle immagini virtuali si è riversato nello spazio reale e lo ha sostituito.
Bessie ci ha lasciati, mentre la sua macchina viaggiava verso nuove mete, ma tanto avrebbe avuto ancora da dirci. Nella performance quasi profetica, «D’un ciel à l’autre» del 1994, l’artista attraversava un muro di bottiglie di plastica, facendolo crollare – per passare nell’altro cielo…
Barbara Fässler