Biennale di Venezia - Il remix dei padiglioni (inter)nazionali
Lo scambio tra il padiglione tedesco e quello francese è andato in porto per celebrare i 50 anni del trattato dell’Eliseo che mise fine alle ostilità tra i due paesi. Mentre per la Germania si tratta di interpretare l’identità nazionale come «costellazione mondiale di influenze e dipendenze anziché di chiusura», la Francia cerca di evidenziare «la prossimità dei due popoli, di riconciliarsi, di dividere i valori universali». Entrambe le mostre espongono coerentemente artisti di altre nazionalità. La Germania è rappresentata dal cinese Ai Weiwei, dall’iraniano Romuald Karmakar, dal sudafricano Santu Mofokeng e dall’indiana Daynita Singh, artisti che indagano tematiche politiche, storiche e di appartenenza.
Il padiglione francese ospita Anri Sala, albanese a Berlino, con un video di due registrazioni del ‹Concerto in sol› di Ravel, scritto per il pianista Paul Wittgenstein che aveva perso il braccio destro nella Grande Guerra.
La collaborazione tra Lituania e Cipro nasce da una felice coincidenza: il curatore lituano Raimundas Malašauskas, invitato a curare entrambi i padiglioni, decise di allestire una mostra-happening in comune nel Palasport. Concepita come processo continuo, gli artisti lituani e ciprioti si confrontano con artisti internazionali tramite fotografie, video, installazioni e performances.
Il padiglione estone, curato dal polacco Adam Budak, mette in scena una drammaturgia accurata dell’artista ungaro Dénes Farkas che vive in Estonia. ‹Evident in Advance› prende spunto dagli scritti di Ludwig Wittgenstein sul linguaggio e problematizza con fotografie di modelli architettonici e installazioni la sua funzione.
Anche nella mostra ‹Otherwise Occupied› si ammirano dei modelli architettonici di cartone: il padiglione del paese che non c’è - la Palestina - si trasforma in un gesto di appropriazione e di costituzione dell’identità.
Il padiglione delle Maldive raccoglie gli sguardi di 21 artisti internazionali sulle isole nell’Oceano indiano. Lo svizzero Christoph Draeger presenta con Heidrun Holzfeind (A) il video ‹Tsunami Architecture› e Ursula Biemann (CH) mostra la popolazione alle prese con una diga. ‹The Ice Monolith›, opera destinata a sparire, dell’italiano Stefano Cagol, mette in luce lo scioglimento dei ghiacci, pericolo per le Maldive come per Venezia.
I padiglioni nazionali alla Biennale di Venezia stanno mutando in palcoscenici plurinazionali per il dialogo artistico, per la riflessione identitaria e per i punti di vista cangianti.
Barbara Fässler